È Natale,
Signore.
O è già subito
Pasqua?
Il legno del
presepio è duro,
come il legno
della croce.
Il freddo ti
punge
quasi corona di
spine.
L'odio dei
potenti ti spia e ti teme.
Fuga affannosa
nella notte.
Sangue
innocente di coetanei,
presagio del
tuo sangue.
Lamento di
madri desolate,
eco del pianto
di tua Madre.
Quanti segni di
morte, Signore,
in questa tua
nascita.
Comincia così
il tuo cammino tra noi,
la tua ostinata
decisione
di essere Dio,
non di sembrarlo.
Le pietre non
diverranno pane.
Non ti lancerai
dalla dorata cima del tempio.
Non
conquisterai i regni dell'uomo.
Costruirai la
tua vita di ogni giorno
raccogliendo
con cura meticolosa,
con paziente
amore,
tutto quello
che noi scartiamo:
gli stracci
della nostra povertà,
le piaghe del
nostro dolore,
i pesi che non
sappiamo portare;
le infamie che
non vogliamo riconoscere.
Grazie,
Signore, per questa ostinazione,
per questo
sparire,
per questo
ritrarti,
che schiude un
libero spazio
per la mia
libera decisione di amarti.
Dio che ti
nascondi,
Dio che non
sembri Dio,
Dio degli
stracci e delle piaghe,
Dio dei pesi e
delle infamie,
io ti amo.
Non so come
dirtelo,
ho paura di
dirtelo,
perchè talvolta
mi spavento
e ritiro la
parola;
eppure sento
che devo dirtelo:
io ti amo.
In questa
possibilità di amarti,
che la tua
povertà mi schiude,
divento
veramente uomo.
Amo gli
stracci, le piaghe, i pesi
di ogni
fratello.
Piango le
infamie di tutto il mondo.
Scopro di
essere uomo,
non di
sembrarlo.
Il tuo Natale è
il mio natale.
Nella gioia di
questo nascere,
nello stupore
di poterti amare,
nel dono
immenso di vivere insieme,
io accetto, io
voglio, io chiedo
che anche per
me, Signore,
sia subito
Pasqua.
(Preghiera di
don Luigi Serenthà)